Come vincere la depressione dopo un infarto o un intervento al cuore

Quando ripenso ai momenti più bui dopo l’intervento al cuore, mi affiorano alla mente le immagini del giorno zero.
Il giorno zero, come lo chiamano nel reparto di cardiologia, è il primo giorno della tua nuova vita, quando ti risvegli dopo l’intervento, realizzi che sei ancora vivo, percepisci nuovamente tutte le parti del corpo e speri vivamente di essere portato nella tua camera di degenza il prima possibile, perché ciò significa che sta andando tutto per il verso giusto.
I giorni di degenza a Milano furono difficili, sia fisicamente sia emotivamente. Mia moglie, incinta del secondo figlio, stava molto male; ciò nonostante cercò di essere sempre presente al mio fianco, accompagnata dal mio primo figlio di tre anni, che animò le nostre giornate per tutto il periodo della permanenza.
Ricorda il giorno dell’intervento come se fosse ieri: ore in agonia in sala d’attesa, con il piccolino che faceva i capricci e saltava da tutte le parti, e i familiari degli altri pazienti che lasciavano la stanza, uno dopo l’altro, con notizie confortanti dei loro congiunti. Il Professore uscì dalla mia sala operatoria alle 21, quando la sala era ormai vuota, informandola che l’operazione era durata molto più del previsto perché la situazione era critica, tanto da aver dovuto fare anche una plastica aortica.
Non voglio aggiungere altri particolari a questa storia. Desidero, invece, focalizzare l’attenzione sulla bellezza della vita e su quanto la fede, la tenacia e i “consiglieri invisibili” che ci guidano da qui e dall’aldilà, facciano accadere miracoli inaspettati: in soli 20 giorni riuscii ad uscire dall’ospedale, diretto verso la clinica sul lago di Garda, dove mi aspettava la riabilitazione.
In quel periodo, cercai di fare tutto quello che mi suggerivano i dottori: impegnarmi negli esercizi, essere ligio nell’alimentazione, mantenere un’attitudine positiva e consapevole – per tornare a casa dalla mia famiglia il più rapidamente possibile. E così fu.
Talvolta mi chiedo quali forze sovrumane mi abbiano sostenuto e aiutato a superare la situazione, e credo fermamente che siano state la fede e l’assoluta certezza che tutto ciò che mi stava accadendo era, sempre e comunque, per il meglio.
Il merito va, ovviamente, anche ai medici e allo psicologo dell’ospedale, che furono sempre molto comprensivi e disponibili, temendo che, data la mia giovane età e il forte colpo subito, potessi soccombere al carico di responsabilità, famiglia, lavoro, ecc.
Vi confesso che non furono affatto momenti facili. Persi molti chili, soprattutto prima dell’intervento; tuttavia, riuscii comunque a rimanere a galla, senza lasciarmi andare alla depressione.
Quale fu il mio segreto per superare la depressione post infarto?
Francamente non lo so. Posso, però, dirvi quali furono i miei pensieri prevalenti e l’atteggiamento mentale che, inconsapevolmente, adottai e che, probabilmente, fece la differenza.
Credo che il sopraggiungere della depressione, dopo un infarto o una grossa operazione, sia probabilmente dovuto ad una mancanza di fede, non intesa in senso religioso, ma come fiducia nella vita. Se sei riuscito a superare una difficoltà così grande, perché non dovresti riuscirci ancora? Si ha sempre la possibilità di andare oltre!, nonostante alcuni giorni siano più ardui, nonostante la vita possa dover cambiare ritmo, nonostante dovrai assumere farmaci o fare esami, ecc.
È nostro potere decidere di respirare? Siamo noi a comandare al nostro cuore di battere o a scegliere la durata della nostra vita? No, certamente no.
Con questa consapevolezza ho imparato a convivere con il nuovo me stesso, sapendo che non posso controllare nulla, se non le mie reazioni ed emozioni rispetto agli eventi.
Innanzitutto ho scelto di essere grato, e ho capito che è importante esserlo anche quando le cose non vanno come vorresti perché, se cominci a criticare o a maledire tutto quello che ti capita, di lì a poco ti arriverà anche molto di peggio. Se non hai gratitudine, accettazione e perdono, verso te stesso e verso gli altri, resterai incatenato nel passato, negandoti la possibilità di una qualità di vita migliore.
Una persona depressa, con tutto il rispetto che comporta una simile condizione – che anche io ho sperimentato, è una persona che non è mai abbastanza grata.
Quando ripresi a lavorare, dopo l’operazione, mi girava spesso la testa, e più di una volta ho rischiato di cadere dai ponteggi o dalle scale. Ciò nonostante ho scelto di non mollare e di affrontare le sfide che mi si presentavano dinanzi: allenandomi ad uscire dalla zona comfort, esse diventavano sempre meno impegnative e, passo dopo passo, mi hanno permesso di riprendere in mano la mia vita. Ogni giorno salivo uno scalino in più (non solo in senso figurato) guardando ciò che mi era accaduto con maggior consapevolezza e distacco, e quando la paura faceva capolino, la guardavo in faccia, la accoglievo e la analizzavo, smontando – pezzo dopo pezzo – tutte le piccole e grandi limitazioni che mi ero creato.
La fede e la gratitudine, questa hanno fatto veramente la differenza.
Ogni sera mi prendevo qualche minuto per pensare alla giornata trascorsa e ringraziare mentalmente per ciò che di buono mi era successo: l’infermiera che era stata così gentile e delicata nel farmi il prelievo, il sorriso di mia moglie che, nonostante la stanchezza, era sempre vicino a me, mio figlio piccolino che mi teneva la mano…richiamavo alla mente quei momenti, non in maniera vuota o mnemonica, ma evocando dentro di me le belle sensazioni connesse ad essi.
Quello fu, per me, più importante di tutto il resto per tornare a vivere e a gioire.